Soave libertate,
già per sì lunga etate
mia cara compagnia,
chi da me ti disvia?
O Dea desiata
e da me tanto amata,
ove ne vai veloce?
Lasso, che ad alta voce
in van ti chiamo e...
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Àëàí ʸðòèñ (äèðèæeð)
Êëàóäèî Ìîíòåâåðäè - Scherzi musicali cioè arie et madrigali: ¹7 `Zefiro torna e di soavi accenti`, ÷àêîíà, SV251
Soave libertate,
già per sì lunga etate mia cara compagnia, chi da me ti disvia? O Dea desiata e da me tanto amata, ove ne vai veloce? Lasso, che ad alta voce in van ti chiamo e... ×èòàòü äàëüøå
Soave libertate,
già per sì lunga etate mia cara compagnia, chi da me ti disvia? O Dea desiata e da me tanto amata, ove ne vai veloce? Lasso, che ad alta voce in van ti chiamo e piango: tu fuggi, ed io rimango stretto in belle catene d’altre amorose pene e d’altro bel desìo; addio, per sempre addio! Õ Ñâåðíóòü
O viva fiamma, o miei sospiri ardenti,
o petto pien di duol, o spirti lassi, o pensier d’ogni speme ignudi e cassi, o strali nel mio cor fieri e pungenti, o bei desir de l’onorate menti, o... ×èòàòü äàëüøå
O viva fiamma, o miei sospiri ardenti,
o petto pien di duol, o spirti lassi, o pensier d’ogni speme ignudi e cassi, o strali nel mio cor fieri e pungenti, o bei desir de l’onorate menti, o vane imprese, o dolorosi passi, o selve, o piagge, o fonti, o fiumi, o sassi, o sola mia cagion d’aspri tormenti, o vaghe erbette, o fiori, o verdi mirti, o loco un tempo a me dolce e giocondo ov’io già sparsi dilettoso canto, o voi, leggiadri ed amorosi spirti, s’alcun vive quaggiù nel basso mondo, pietà vi prenda del mio acerbo pianto! Õ Ñâåðíóòü
Àëàí ʸðòèñ
(äèðèæeð)
,
Ðîáåðòà Èíâåðíèööè
(ñîïðàíî),
Ãëîðèÿ Áàíäèòåëëè
(ìåööî-ñîïðàíî),
Àíñàìáëü `Il Complesso Barocco`
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Ðîáåðòà Èíâåðíèööè
(ñîïðàíî),
Ãëîðèÿ Áàíäèòåëëè
(ìåööî-ñîïðàíî),
Àíñàìáëü `Il Complesso Barocco`
O come sei gentile, Caro Augelino
O quanto el mio stato amoroso al tuo simile io prigion tu prigion io canto tu canti per colei che t`ha legato Et io canto per lei Ma in questo è... ×èòàòü äàëüøå
O come sei gentile, Caro Augelino
O quanto el mio stato amoroso al tuo simile io prigion tu prigion io canto tu canti per colei che t`ha legato Et io canto per lei Ma in questo è differente la mia sorte dolente Che giova pur a te l`esser canoro vivi cantando et io cantando moro Õ Ñâåðíóòü
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(ñîïðàíî),
Ãëîðèÿ Áàíäèòåëëè
(ìåööî-ñîïðàíî),
Àíñàìáëü `Il Complesso Barocco`
Mentre vaga Angioletta
ogni anima gentil cantando alletta, corre il mio core, e pende tutto dal suon del suo soave canto; e non so come intanto musico spirto prende fauci canore, e seco forma... ×èòàòü äàëüøå
Mentre vaga Angioletta
ogni anima gentil cantando alletta, corre il mio core, e pende tutto dal suon del suo soave canto; e non so come intanto musico spirto prende fauci canore, e seco forma e finge per non usata via garrula, e maestrevole armonia. tempra, d`arguto suon pieghevol voce, e la volve, e la spinge con rotti accenti, e con ritorti giri qui tarda, e là veloce; e tall`hor mormorando in basso, e mobil suono, ed alternando fughe, e riposi, e placidi respiri, hor la sospende, e libra, hor la preme, hor la rompe, hor la raffrena; hor la saetta, e vibra, hor in giro la mena, quando con modi tremuli, e vaganti, quando fermi, e sonanti. Così cantando e ricantando, il core, o miracol d`amore, è fatto un usignolo, e spiega già per non star mesto il volo. Õ Ñâåðíóòü
Vorrei baciarti, o Filli,
ma non so come, ove il mio bacio scocchi, ne la bocca o negli occhi. Cedan le labbra a voi, lumi divini, fidi specchi del core, vive stelle d’amore. Ah pur mi volgo... ×èòàòü äàëüøå
Vorrei baciarti, o Filli,
ma non so come, ove il mio bacio scocchi, ne la bocca o negli occhi. Cedan le labbra a voi, lumi divini, fidi specchi del core, vive stelle d’amore. Ah pur mi volgo a voi, perle e rubini, tesoro di bellezza, fontana di dolcezza, bocca, onor del bel viso: nasce il pianto da lor, tu m’apri il riso. Õ Ñâåðíóòü
Tornate, o cari baci,
a ritornarmi in vita, baci al mio cor digiun esca gradita! Voi di quel dolce amaro per cui languir m’è caro, di quel dolce non meno nettare che veleno pascete i... ×èòàòü äàëüøå
Tornate, o cari baci,
a ritornarmi in vita, baci al mio cor digiun esca gradita! Voi di quel dolce amaro per cui languir m’è caro, di quel dolce non meno nettare che veleno pascete i miei famelici desiri, luci in cui dolci provo anco i sospiri! Õ Ñâåðíóòü
Io son pur vezzosetta pastorella
che le guance ho di rose e gelsomini, e questa fronte e questi aurati crini mi fanno altrui parer Driada novella. Di Flora non vi è qui nobil donzella o... ×èòàòü äàëüøå
Io son pur vezzosetta pastorella
che le guance ho di rose e gelsomini, e questa fronte e questi aurati crini mi fanno altrui parer Driada novella. Di Flora non vi è qui nobil donzella o schiera di pomposi cittadini che, quando lor m’incontro e faccio inchini, il titol non mi dian de la più bella. E se il giorno di festa io vado al ballo, mi porta ogni pastor, perch’io l’inviti, specchi, fior, frutti o vezzi di corallo. E non saranno a te punto graditi, caro Lidio, i miei sguardi? E sempre in fallo ti pregherò, crudel, che tu m’aiti? Õ Ñâåðíóòü
Non vedrò mai le stelle
de’ bei celesti giri, perfida, ch’io non miri gli occhi che fur presenti alla dura cagion de’ miei tormenti, e ch’io non dica lor: o luci belle, deh siate sì... ×èòàòü äàëüøå
Non vedrò mai le stelle
de’ bei celesti giri, perfida, ch’io non miri gli occhi che fur presenti alla dura cagion de’ miei tormenti, e ch’io non dica lor: o luci belle, deh siate sì rubelle di lume a chi ribella è sì di fede, ch’anzi a tant’occhi e tanti lumi ha core tradire amante sotto fe’ d’amore. Õ Ñâåðíóòü
Êëàóäèî Ìîíòåâåðäè - 7-ÿ êíèãà ìàäðèãàëîâ (1619): ¹ 9 `Ah che non si conviene romper la fede`, SV125
Ah, che non si conviene
romper la fede a chi la fe’ mantiene. Il mio fermo voler è quell’istesso lontan da voi, ch’esservi suole appresso, nè può cangiarlo morte, nè sia... ×èòàòü äàëüøå
Ah, che non si conviene
romper la fede a chi la fe’ mantiene. Il mio fermo voler è quell’istesso lontan da voi, ch’esservi suole appresso, nè può cangiarlo morte, nè sia malvagia sorte: ma, fermo come a l’onda immobil scoglio, e viver vostro e morir vostro io voglio Õ Ñâåðíóòü
Non vedrò mai le stelle
de’ bei celesti giri, perfida, ch’io non miri gli occhi che fur presenti alla dura cagion de’ miei tormenti, e ch’io non dica lor: o luci belle, deh siate sì... ×èòàòü äàëüøå
Non vedrò mai le stelle
de’ bei celesti giri, perfida, ch’io non miri gli occhi che fur presenti alla dura cagion de’ miei tormenti, e ch’io non dica lor: o luci belle, deh siate sì rubelle di lume a chi ribella è sì di fede, ch’anzi a tant’occhi e tanti lumi ha core tradire amante sotto fe’ d’amore. Õ Ñâåðíóòü
Dice la mia bellissima Licori
quando talor favello seco d`amor, ch`Amor è uno spiritello che vaga e vola, e non si può tenere, nè toccar, nè vedere; e pur, se gli occhi... ×èòàòü äàëüøå
Dice la mia bellissima Licori
quando talor favello seco d`amor, ch`Amor è uno spiritello che vaga e vola, e non si può tenere, nè toccar, nè vedere; e pur, se gli occhi giro, ne` sugli begli occhi il miro: ma nol posso toccar, ché sol si tocca in quella bella bocca Õ Ñâåðíóòü
Non è di gentil core
chi non arde d’amore; ma voi che del mio cor l’anima sete e nel foco d’amor lieta godete, gentil al par d’ogn’altra havete il core, perchè ardete d’amore.
Êëàóäèî Ìîíòåâåðäè - 7-ÿ êíèãà ìàäðèãàëîâ (1619): ¹11 `Ecco vicine o bella Tigre` (ñòèõè Òîðêâàòî Òàññî), SV127
Ecco vicine, o bella Tigre, l’hore
che del tuo sole mi nasconda i rai: ah che l’anima mia non sentì mai, meglio che del partir, le tue dimore! Fuggimi pur con sempiterno errore: sotto... ×èòàòü äàëüøå
Ecco vicine, o bella Tigre, l’hore
che del tuo sole mi nasconda i rai: ah che l’anima mia non sentì mai, meglio che del partir, le tue dimore! Fuggimi pur con sempiterno errore: sotto straniero ciel, ovunque sai che, quanto più peregrinando vai, cittadina ti sento in mezzo al core. Ma potess’io seguir, solingo errante, o sia per valli, o sia per monti o sassi, l’orme del tuo bel pié leggadre e sante; ch’andrei là dove spiri e dove passi, con la bocca e col cor, devoto amante, baciando l’aria ed adorando i passi Õ Ñâåðíóòü
Interrotte speranze, eterna fede,
fiamme e strali possenti in debil core; nutrir sol di sospir un fero ardore e celar il suo mal quand’altri il vede; seguir di vago e fuggitivo piede l’orme... ×èòàòü äàëüøå
Interrotte speranze, eterna fede,
fiamme e strali possenti in debil core; nutrir sol di sospir un fero ardore e celar il suo mal quand’altri il vede; seguir di vago e fuggitivo piede l’orme rivolte a volontario errore; perder del seme sparso e’l frutto e’l fiore e la sperata al gran languir mercede; far d’uno sguardo sol legge ai pensieri e d’un casto voler freno al desìo, e spender lacrimando i lustri interi: questi ch’a voi, quasi gran fasci invio, donna crudel, d’aspri tormenti e fieri, saranno i trofei vostri e’l rogo mio. Õ Ñâåðíóòü
Àëàí ʸðòèñ
(äèðèæeð)
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Ôóðèî Äçàíàçè
(áàðèòîí),
Àíòîíèî Àáåòå
(áàñ),
Àíñàìáëü `Il Complesso Barocco`
Perché fuggi tra salci,
ritrosetta ma bella, o cruda tra le crude pastorella? Perché un bacio ti tolsi? Miser più che felice, corsi per sugger vita, e mor te colsi. Quel bacio... ×èòàòü äàëüøå
Perché fuggi tra salci,
ritrosetta ma bella, o cruda tra le crude pastorella? Perché un bacio ti tolsi? Miser più che felice, corsi per sugger vita, e mor te colsi. Quel bacio che m’ha morto, tra le rose d’amor pungente spina, fu più vendetta tua che mia rapina. Õ Ñâåðíóòü
Se’l vostro cor, Madonna,
altrui pietoso tanto, da quel suo degno al mio non degno pianto talor si rivolgesse ed una stilla al mio languir ne desse, forse del mio dolore vedria l’altrui... ×èòàòü äàëüøå
Se’l vostro cor, Madonna,
altrui pietoso tanto, da quel suo degno al mio non degno pianto talor si rivolgesse ed una stilla al mio languir ne desse, forse del mio dolore vedria l’altrui perfidia e’l proprio errore, e voi seco direste: ah sapess’io usar pietà come pietà desìo! Õ Ñâåðíóòü |
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